“ Civil War ” – Recensione in Anteprima. Al cinema dal 18 Aprile 2024

22 Mar, 2024

In un’America sull’orlo del collasso, attraverso terre desolate e città distrutte dall’esplosione di una guerra civile, un gruppo di reporter intraprende un viaggio in condizioni estreme, mettendo a rischio le proprie vite per raccontare la verità.

Si potrebbe considerare il film come una (non tanto velata) critica alla politica di Donald Trump e di come i suoi sostenitori potrebbero portare l’America. Si potrebbe anche decifrare il film come un viaggio classico in un’ambientazione (quasi) post apocalittica dove non c’entrano nulla zombie o virus ma tutto è opera degli esseri umani. A tratti documentaristico ma presentato come un film fiction, “Civil War” è tanto un film sul potere del giornalismo inteso nel suo fanatismo ma anche e soprattutto sui limiti umani. Ne viene fuori che a lungo andare, ogni estremizzazione porta inevitabilmente ad una propensione a non rispettare idee e radici di chi è diverso da noi così da far venir fuori che si arriva, ad un certo punto che noi stessi diventiamo insensibili per quanto ci pensiamo di essere nel giusto.

La lucidità e la forza con cui tutto viene raccontato è precisa, equilibrata e spaventosa allo stesso tempo. Alex Garland si porta dietro di sé una carriera da regista che rispecchia queste caratteristiche; partito dal sottovalutato remake “Dredd” per poi farsi conoscere ad un ampio pubblico con “Ex-Machina”, ricordiamo che con lo stesso piglio diretto e convincente ha diretto “Annientamento” e il poco conosciuto. “Men”. Qui cambia leggermente stile a livello estetico puntando in maniera coerente sul voler passare a tratti per un documentario alternano momenti di assalto continuo ben diretti ad altri, altrettanto inquietanti e adrenalinici, dove tutto rimane in bilico tra potenti “non detti” e scene dove il dito su un grilletto all’apparenza calmo è lì a decidere della vita altrui. Garland a livello di dialoghi ogni tanto butta nel mezzo qualche retorica ma spesso le domande sono sottintese e su tutto aleggia una provocazione mostruosa perché resa e messa in scena in situazioni realistiche senza eccessi o eroismi di vario genere. Gli attori scelti poi risultano perfetti; Kirsten Dunst ha lo sguardo perfetto della fotografa ormai disillusa e insensibile alla guerra e l’astro nasceste Cailee Spaeny ha il bagliore dell’entusiasmo negli occhi per poi lasciare spazio a qualcos’altro.

“Civil War” alla fine può essere inteso e accettato come un film dalle tante anime e stili che ben si intersecano puntando a lasciare altro allo spettatore. Anche gli amanti dei blockbuster possono trovare un loro piacere e soddisfazione (anche se i trailer spingono moltissimo su questo aspetto) e sebbene tali momenti siano circoscritti in un paio di scene brevi nel mezzo e una molto più lunga nel finale, sono le immagini nei momenti più profondi e soffocanti a convincere e segnare anche coloro che si aspettano un film di solo intrattenimento. Perché il film ti attira nel suo voler accontentare e rendere giustizia a tutti i gusti del pubblico per poi insinuare ed entrare nella mente facendoci notare che non si può avere tutto e per ogni buon proposito, c’è qualche altro aspetto (ops, qualcun’altro) che ne pagherà inevitabilmente le conseguenze solo perché è diverso da come vorremmo.

Andrea Arcuri