Eddie Horniman (Theo James) eredita inaspettatamente i vasti terreni di campagna del padre per poi scoprire che fanno parte di un impero della cannabis. Una serie di personaggi spiacevoli del mondo della mala britannica entra quindi in gioco per conquistarsi una fetta del giro d’affari. Deciso a liberare la sua famiglia da questa morsa, Eddie cerca di battere i gangster al loro stesso gioco, ma finisce per scoprire che il mondo della criminalità non gli dispiace più di tanto.
La serie sembra qualcosa che abbiamo già visto. Non so perché possiamo considerarla uno spin-off dell’omonimo film sempre diretto da Guy Ritchie ma perché in fin dei conti di uomini e donne distinte che fanno soldi tra traffici di droga e omicidi da nascondere, ne abbiamo conosciuti in tantissime altre occasioni.
Tutto questo in teoria dovrebbe quindi stancare lo spettatore nel rivedere soliti clichè e meccanismi narrativi. Eppure no, i nemici che sono delle vere macchiette assurde, situazioni goliardiche che uniscono il grottesco con l’assurdità e quel senso di storie inverosimili che però non riusciamo a fare a meno, rendo questa serie irresistibile.
Guy Ritchie riesce a proporre nuovamente il suo stile narrativo con un sempre presente aplomb Inglese che rende la visione tanto assurda quanto ben controllata sebbene in effetti c’è una ripetizione dei meccanismi che sembrano portare la serie a nessuna vera destinazione finale. Fa nulla, il piacere sta’ tutto nel viaggio che il regista ci propone che cerca qui risulta trattenuto in esplosioni da alto budget ma che invece riesce a creare intrecci e personaggi che crescono, cambiano e regalano momenti indimenticabili lungo tutta la durata della prima stagione.
Proprio per questi aspetti, “The Gentlemen” la serie risulta forse più coinvolgente e convincente del film stesso del regista. Ovviamente non c’è ragione per dover scegliere tra i due, stà tutto nella propria preferenza ma certo se vi eravate persi il film con Charlie Hunnam, Colin Farrell e Matthew McConaughey allora è il momento di recuperarlo.
Andrea Arcuri
