“ Io Capitano ” – Recensione. Disponibile al Cinema dal 7 Settembre 2023

7 Set, 2023

In un’odissea contemporanea, Seydou e Moussa lasciano Dakar per raggiungere l’Europa, attraverso le insidie del deserto, gli orrori dei centri di detenzione in Libia e i pericoli del mare.

E’ evidente come il senso del film da parte del suo regista Matteo Garrone stia maggiormente nel viaggio. Per Seydou e Moussa tale viaggio è la ricerca della salvezza ma lo stesso ha un caro prezzo difficile da sopportare perché cambiare radicalmente i due ragazzi. Quello che va ad amplificare il tutto è il fatto che Garrone decide di non riempire il suo film necessariamente e ad ogni passaggio di parole inutili, di moralismi altisonanti o discorsi che impietosiscono cosi come anche la musica che risulta presente in alcuni ma circoscritti momenti. I momenti cardine di questo viaggio come la lunga traversata nel deserto oppure il viaggio silenzioso in nave sono lunghi ed estenuanti e Garrone non risparmia lo spettatore di portarlo allo stremo, proprio come arrivano allo sfinimento Seydou e Moussa.

A livello narrativo il film viene paragonato a “Pinocchio” dove i due ragazzi decidono di abbandonare la propria casa e, ascoltando cattivi consigli, si fanno rubare i pochi soldi che avevano guadagnato per arrivare nel loro paese dei balocchi, l’Europa. Sicuramente il più classico dei racconti di formazione che mette in scena i sacrifici che un migrante è costretto a fare per abbandonare la terra e se di questi alcuni ce li immaginiamo perché già raccontati, di altri ne veniamo a conoscenza forse per la prima volta. Garrone racconta così non solo la disperazione ma soprattutto come le fughe clandestine hanno portato alla nascita di un vero e proprio business dove girano illegalmente moltissimi soldi.

Ancora una volta, al suo nono film, Matteo Garrone mescola cinema documentaristico e fantastico regalando al pubblico qualcosa che è una via di mezzo tra film di finzione con messe in opera della realtà. Quello che lo rende però diverso da altri suoi film e rispetto ad altre pellicole su questo argomento, è il punto di osservazione. Infatti il film ribalta il nostro punto di vista così prende due migranti, ce li fà conoscere creando una forte empatia e non lasciandoli mai. Noi spettatori viviamo così ogni passaggio del loro viaggio e ogni ferita fisica ed emotiva che Seydou e Moussa provano sulla loro pelle.

Matteo Garrone da grande autore sceglie di non cavalcare l’onda del pietismo e della retorica e quindi ogni momento è reale nella sua forza espressiva e anche la conclusione, che potrebbe sembrare una smorzatura in un momento di climax, è invece un perfetta conclusione che lascia con l’amaro in bocca e forse maggior consapevolezza di quello che i migranti devono sopportare lungo il loro viaggio.

Andrea Arcuri