La stanza di Ada – Sharon Dodua Otoo. Recensione

5 Mag, 2023

Perché?

La scheda rintracciabile su internet parla di quattro trame che sono agite in vari momenti del Tempo, passato lontano e passato più recente. Di queste storie che si svolgono in epoche molto diverse tra loro, c’è una protagonista che ha sempre lo stesso nome, Ada. Ognuna di esse ha un vissuto a dir poco estremo che crea il dramma, il ‘discrimen’ per ogni singolo plot.

Sembrerebbe interessante, penso. Magari, penso, questa Ada è la stessa donna che vive a cavallo dei diversi secoli in cui sono ambientate tutte queste narrazioni…

All’atto pratico, il libro si rivela un progetto ambizioso che non soddisfa assolutamente le aspettative di quello che viene presentato sulla quarta di copertina, in rete, ecc.

Una di queste Ada è nientemeno l’amante di Charles Dickens, ma l’ho saputo solo grazie al fatto che me lo dicevano le notizie del libro. Altrimenti, se viene detto, è detto in un modo molto criptico.

Un aspetto che avrebbe dovuto tenere viva l’attenzione è il fatto che tutte le varie circostanze sono raccontate attraverso la prospettiva di alcuni oggetti, quasi fossero un io narrante onnisciente. Peccato che il dettaglio sembri passare inosservato, perché nel corso della lettura basta un nulla per deconcentrarsi e dopo qualche pagina trovarsi disorientati perché non si capisce chi parla.

Le trame di cui dicevo all’inizio vengono narrate nel loro evolversi in ciascun capitolo, ma l’autrice nel passare dall’una all’altra, sbiadisce i confini e molto spesso non ti ritrovi a capire quale sia stato il varco che ha permesso la ‘trasferta’ da una storia all’altra. E mentre scorrevo grosso modo le prime cinquanta pagine, mi accorgevo che mancava la quarta Ada, una Ada immersa nel nostro periodo, che però entra in scena all’improvviso e a mio parere non esiste una giustificazione narrativa per fare entrare di rincorsa questo personaggio.

Esiste poi una misteriosa collana di particolari perle che funge da denominatore comune di tutto il libro, ma alla fine si fa fatica a dare un senso alla presenza di questo oggetto.
Se l’intento della scrittrice era quello di togliere la sua opera dall’ambito dell’antropocentrismo (si parla per lo più di donne, il termine potrebbe essere fuori luogo) per dare rilievo agli oggetti, nell’esito “La stanza di Ada” sembra molto più un esercizio di stile riuscito non troppo bene.

Lettura pesante e poco appagante, nel complesso.

E’ bello quando un libro ti prende e ti fa volare, ti fa distrarre. Qui la distrazione arriva, solo perché la costruzione non ‘acchiappa’ a sufficienza.

 

Enrico Redaelli per GlobalStorytelling