Corpi minori – Jonathan Bazzi . Recensione

5 Ago, 2022

“Febbre” mi aveva convinto a metà.

Mi incuriosiva capire se Bazzi sarebbe stato in grado di crescere e di uscire dalla sfera autobiografica per diventare un narratore a tutti gli effetti.

Leggendo “Corpi minori” la risposta è un ‘ni’ che tende molto pericolosamente ad un no. Il secondo lavoro dell’autore risulta una fotocopia sbiadita del testo precedente. Per quanto si smarchi da “Febbre”, “Corpi minori” contiene ampie tracce di vissuti già citati nell’opera d’esordio. Si potrebbe pensare che sia stato preso il ‘girato’ di ‘Febbre’ (lo so che non è un film) e sia stato riutilizzato quel materiale inizialmente scartato.

Nell’insieme, la vicenda potrebbe essere vista come una serie di circostanze abbastanza verosimili, solo che Bazzi sembra volere mettersi su un piedistallo, su un podio, comunque su un gradino -anche piccolo- sempre più in alto rispetto alla media come se si volesse distinguere dal resto del mondo e desiderasse più di ogni altra cosa mettere in evidenza questa sua posizione di preminenza.

Anche sulla prosa andrebbe fatto un discorso molto circostanziato.

Nel precedente libro, lo stile era caratterizzato da un minimalismo, che però non era la risultante di un lavoro di cesello. Le frasi erano molto brevi, d’impatto, spesso erano nominali. Non si percepiva un talento anche se l’effetto era di un certo rilievo. Però, il retrogusto sapeva di casuale.

In questa seconda prova ci sono parti che si rifanno alla brevità di “Febbre” così come ci sono passaggi dalle architetture grammaticali un po’ più complicate che non permettono di entrare adeguatamente in contatto con le riflessioni dell’autore, soprattutto quando queste riguardano la sua sfera affettiva .

Da più parti, ho letto che, in merito alla scrittura di Bazzi, molti hanno fatto paragoni di un certo tipo. Personalmente non ho gli strumenti per avallare o smentire questi raffronti. So solo che non è obbligatorio etichettare uno stile, perché ogni autore ha il diritto di scrivere come vuole. Il #Bazzi_writing, però, disorienta senza procurare particolari sensazioni artistiche. Oltre a questo, non mancano momenti dove l’autore fa spicco di proprie conoscenze culturali. Queste perle di saggezza, invece di essere propedeutiche alla storia che si sta raccontando, accentuano ancora di più la non-possibilità di entrare in simbiosi con il testo. Per chi è di Milano, un minimo di empatia -ma proprio un minimo- potrebbe essere rappresentato dai titoli dei capitoli. Si tratta di vie della metropoli lungo le quali si snodano le singole parti della trama.

Insomma, meglio “Febbre”, anche se con diverse e consistenti riserve pure in quel caso.

 

Enrico Redaelli per GlobalStorytelling