FELLOWSHIP “The Saberlight Chronicles”. Recensione in Anteprima. Disponibile dal 15 Luglio 2022

12 Lug, 2022

I FELLOWSHIP si impongono con melodie molto orecchiabili puntando su riff di chitarra molto veloci e un’esecuzione di altissimo livello. A livello di intenzioni e ascoltando i testi si nota come il gruppo voglia affrontare il tema della salute mentale in un momento della nostra vita in cui tutti abbiamo bisogno di una presa in giro e infatti l’album racconta una storia “mitica” di autostima, scoperta di sé e alla ricerca del coraggio.  

 

Il gruppo si presenta nel migliore dei modi con ” UNTIL THE FIRES DIE ” che è una bellissima seppur semplice ballata veloce dal ritmo sempre sostenuto e senza particolari cambi di tono o di stile. Un inizio tutto sommato perfetto per una canzone molto orecchiabile, ballabile e facilmente riconoscibile. Anche la successiva ” ATLAS ” possiede un ritmo incalzante ma soprattutto una parte centrale caratterizzata da un lungo assolo di chitarra che si farà risentire nel finale. La componente cantata è particolarmente armonica grazie alla voce di Matthew Corry che rende tutto piacevole da ascoltare. ” GLORY DAYS ” è un’altra bellissima ballata coinvolgente fin da subito piena di momenti travolgenti e facili da ricordare e cantare. Piena di assoli, di riff incalzanti e di una vocalità esaltante ed epica che permette a tutto quanto di unirsi in maniera perfetta.  La successiva ” OAK AND ASH ” è stata scelta come singolo promozionale del gruppo. Sicuramente è la meglio riuscita dell’album sotto molti aspetti. Partendo da un inizio lucido e preciso, dalla parte cantata molto versatile e dal forte significato fino alla sua capacità di entrare in testa e rimanere impressa per finire alla parte musica di altissimo livello. Tra le canzoni di quest’album è quella che rimane più in testa e quindi perfetta per il gruppo per farsi conoscere anche tramite un videoclip molto divertente. 

 

HEARTS UPON THE HILL ” ha un incipit differente rispetto tutte le precedenti. Più rilassato e meno veloce, più narrato e meno cantato per una canzone che però poco dopo si rivela per certi aspetti più lenta e forse meno carica a livello di musicalità ma non per questo meno carica di significato. C’è meno rock e meno metal ma più un sentore nostalgico che caratterizza questa canzone dal sapore di altri tempi. La seguente ” SCARS AND SHRAPNEL WOUNDS ” è caratterizzata da un andamento molto ciclico e dall’aggiunta in alcuni punti di cori che accompagnano la voce principale. Arrivati a metà dell’album si nota una sorta di ripetizione di musicalità che potrebbe rischiare di portare a noia e a non riuscire molto a distinguere le varie canzoni. Ecco che arriva ” THE HOURS OF WINTERTIME ” e ascoltiamo ad una messa in opera differente e più variegata. La canzone in questione ha molti riff di chitarra vibranti e particolari, il tono della parte cantata si fà meno farsesca e sopra le righe e più lenta e profonda. Questo dimostra che quando il gruppo vuole mettersi maggiormente in gioco, riesce benissimo a sorprendere e lasciare senza parole in maniera positiva. ” GLINT ” continua sullo stesso stile della precedenza con un ritmo veloce e sostenuto si libera in più momenti ad modo di cantare da parte di Matthew Corry molto allegorico e sentito. A questo si aggiunge una capacità della componente di cambiare spesso stile e ritmo. Sebbene forse risulta la meno precisa e classica, questa canzone dimostra ancora una volta la voglia del gruppo di sperimentare.  

 

E’ tempo di ” THE SAINT BEYOND THE RIVER ” che ha un ottimo ritmo piacevole e armonico grazie ad un arrangiamento davvero preciso tra parole & musica. Impazza con la chitarra e la batteria quando serve ma lascia anche spazio a strofe e ritornelli che entrano facilmente in testa e sono facili da ricordare e cantare. Verso la metà c’è un intermezzo lento per poi riprendere con un assolo di chitarra e nuovamente la parte cantata con l’aggiunta di cori epici. La successiva “ SILHOUETTE ” ha un bellissimo intro affidato alle tastiere e continua con un andamento leggero, soave e commovente. Ci troviamo di fronte ad un nuovo,riuscito tentativo del gruppo di cambiare registro e dimostrare la sua capacità di raccontare emozioni in modo differente tramite la loro musica. Il ritmo aumenta sempre di più ma il tono di fonde rimane riconoscibile e molto evocativo riguardo la voglia di veicolare tali emozioni con un fare profondo tramite una musica soave. Con ” STILL ENOUGH ” si entra in un’atmosfera epica e altisonante. Il gruppo torna ai toni che abbiamo conosciuto nelle prime canzoni ma con un piglio diverso, forse grazie alle canzoni precedenti ma c’è un rinnovato desiderio di avventura che ci si ritrova a vivere grazie a questa canzone che incalza e ci fa sognare grazie ad un andamento molto sostenuto e ritmico. Siamo alla fine con ” AVALON ” e abbiamo fronte la canzone più lunga di tutte. Più di nove minuti che ripercorrono tutto quello che abbiamo ascoltato dell’album mettendo in mostra tutte le capacità del gruppo. L’intro è strumentale per poi lasciare spazio al cantante con il suo modo di cantare preciso e molto incalzante. La canzone prende sempre più ritmo grazie agli strumenti in perfetta sintonia e ad un certo punto cambia di ritmo grazie ad un assolo di chitarra vibrante. Un bellissimo modo per concludere questo lavoro che sebbene a tratti possa sembrare ripetitivo riesce anche,nella sua parte centrale, a dimostrare che il gruppo ha moltissimo nel suo bagaglio musicale e voglia di sperimentare. 

 

TRACKLIST:
1.UNTIL THE FIRES DIE
2.ATLAS
3.GLORY DAYS
4.OAK AND ASH
5.HEARTS UPON THE HILL
6.SCARS AND SHRAPNEL WOUNDS
7.THE HOURS OF WINTERTIME
8.GLINT
9.THE SAINT BEYOND THE RIVER
10.SILHOUETTE
11.STILL ENOUGH
12.AVALON

 

FELLOWSHIP  è:

Matthew Corry – voce
Sam Browne  – chitarra
Brad Wosko- chitarra
Callum Tuffen – batteria

Andrea Arcuri