“LATER” di Stephen King. Recensione

2 Mar, 2021

“LATER” di Stephen King. Recensione

Sono un lettore di King dell’ultima ora, ammetto, con gravi pecche. Titoli recenti come “Outsider” o “L’Istituto”, mentre sono stati applauditi dal solito pubblico di estimatori e non solo, a me hanno invece lasciato tiepido se non talvolta indifferente. Di fronte a quest’ultima sua fatica letteraria ero in preda ad un po’ di diffidenza, quindi.

Prendendo in mano “Later” la sensazione è stata subito diversa.

La parola chiave potrebbe essere ‘gradualmente’, perché si entra dentro al libro a piccoli passi.

Anziché usare la solita immagine del Male che si manifesta in una spirale sempre più consistente, mi piacerebbe dire che questo stesso Male viene spolverato sulla storia come quando si setaccia la farina per amalgamarla in un impasto. In questo modo il Male si insinua inesorabile in tutto il preparato.

Non conosco bene i pilastri della produzione di questo scrittore (mea culpa), ma trovo che rispetto ai titoli citati e rispetto anche a 22/11/63 la struttura sia più facile da seguire, più facile da accettare e giustificare.

Tutto parte dal racconto del giovane Jamie, voce narrante della trama, che racconta la storia di un suo specifico ‘potere’. Il ragazzo ha la particolarità di rivolgersi al lettore con un tono confidenziale per nulla spiacevole, caratterizzato da un linguaggio volutamente sporco, che magari si compiace nell’usare un termine che il retaggio famigliare potrebbe vietargli. Il suo modo di raccontare è lineare, facile da seguire in un percorso che va dalla sua infanzia fino all’adolescenza e poco oltre. Forse il suo modo di parlare, un po’ immaturo, può non corrispondere allo spessore umano raggiunto attraverso le esperienze che nel corso della storia ha vissuto.

Attraverso Jamie, King costruisce una trama avvincente dove non manca suspense e dove le pagine ti scorrono tra le dita a grande velocità. E per fare questo King si avvale di un criterio quale la semplicità. Non ci sono troppi orpelli, non c’è, a mio parere, nessuna volontà di far cadere dall’alto il mestiere e il talento maturati nel tempo.

C’è una realtà per tutti, e c’è una realtà per pochi, ci dice King, che rispetto all’altra risulta appena appena deviata.

E se dalle mie parole il risultato può sembrare di scarsa consistenza, assicuro che a fine libro si percepisce che tutti gli elementi sono stati incastrati a dovere.

Vorrei anche non tralasciare il fascino del termine “Later”, su cui Jamie elabora alcune riflessioni che alla fine riguardano in qualche modo anche l’impianto narrativo.

Enrico Redaelli per GlobalStorytelling