Il libro di Katerina – Auguste Korteau. Recensione

31 Dic, 2020

Il libro di Katerina – Auguste Korteau. Recensione

 

Se dovessi dire in quale Paese europeo è più facile trovare quella sensazione simile alla saudade brasiliana non citerei il Portogallo e nemmeno la vicina Spagna. Mi orienterei verso la Grecia, dove è ambientato questo romanzo. Dico questo non solo sulla base di mie personali riflessioni, ma anche riferendomi ad alcune foto che corredano il libro. In copertina c’è la foto di una donna adulta (Katerina, la madre dell’autore) con i capelli simpaticamente spettinati dal vento che lasciano intuire un sorriso; nella seconda di copertina si può osservare Katerina bambina nel pieno della sua vitalità infantile.

Nella terza invece è visibile una foto dell’autore che secondo me è ancora più significativa riguardo al discorso fatto poche righe sopra. L’autore non guarda in camera ma è intuibile dalla sua espressione enigmatica quanto la vita lo abbia plasmato e sempre questa espressione lascia trasparire un mix tra malinconia/tristezza e voglia ancora di vivere ‘a tavoletta’.

Questo preambolo potrebbe sembrare un discorso fuori contesto mentre invece è scritto apposta per far entrare meglio nel mood della storia.

“Il libro di Katerina” non è il semplice tributo di un figlio alla memoria della madre (Korteau si è dedicato alla sua composizione anni dopo la morte della donna). Lo scrittore effettua un’operazione simile a quella compiuta da un attore nel momento in cui deve entrare in un personaggio, perché questa ‘storia’ è scritta proprio dal punto di vista di Katerina stessa.

E se volessi continuare con i paragoni relativi al mondo sudamericano, direi che quel certo sapore onirico tipico di quella letteratura è ravvisabile qua e là anche nelle pagine di questo volume, per un collegamento a certe leggende o a certe tradizioni greche e, se possibile, anche per il fatto che Katerina sia un’Io-narrante onnisciente al punto da sapere cosa succederà all’indomani della sua morte.

Nella sua trattazione, Korteau è onesto con se stesso, con sua madre e da ultimo con i lettori. Di fronte a questi ultimi, non vuole apparire né vittima né colpevole nei confronti della protagonista, neppure si nasconde dietro un dito quando il narrare riguarda direttamente i rapporti madre-figlio. Anche nel ritrarre Katarina, l’autore non risparmia dettagli e particolari che sottolineano quanto la donna fosse lontana da un equilibrio mentale standard. Allo stesso tempo, nel dipingere il di lei background famigliare, si osserva come genitori e fratelli di Katerina siano dotati di una personalità così torbida da proiettare contro di lei, anello debole del nucleo, tutte le loro ‘deviazioni’ per raggiungere una sorta di catarsi personale.

“Il libro di Katerina” è un libro che fa sorridere, che fa male, che mette allegria, che mette malinconia. Arricchisce, aggiunge qualcosa a noi stessi. Forse questa immedesimazione effettuata da Korteau, questo suo scrivere ‘da dentro’ è quella marcia in più che lo rende diverso da altre biografie esistenti nel panorama narrativo.

Per me è sì.

 

Enrico Redaelli per GlobalStorytelling