“Sputnik” – Recensione in Anteprima. Presentato al Trieste Science+Fiction Festival

4 Nov, 2020

“Sputnik” – Recensione in Anteprima.

Presentato al Trieste Science+Fiction Festival

 
Il film è ambientato nell’anno 1983, in una Unione Sovietica ancora avvolta da una impenetrabile “Cortina di Ferro”. Questa la sinossi ufficiale: Il solo sopravvissuto di un enigmatico incidente con una navicella spaziale non è tornato a casa da solo, a nascondersi nel suo corpo è una creatura pericolosa.16 ago 2020

 
Il regista Egor Abramenko parte molto forte e riesce a mantenere l’intrigo e l’intensità per la maggior parte del suo tempo di esecuzione. Il film presenta una serie di scene spettacolari molto avvincenti insieme a scenografie sorprendentemente scarne (non è per forza un difetto) e una fotografia volutamente cupa. Tutto questo trasmette al suo pubblico un senso di forte impatto estetico e di un qualcosa di profondamente viscerale in attesa di esplodere. Sembra che ci sia sempre un pericolo in agguato, che i nostri protagonisti siano sempre in bilico anche grazie a delle caratterizzazioni molto ricche. Inoltre è sempre presente un forte senso di pesantezza emotiva e anche per questo riesce a intrattenere lasciandoci sempre col fiato sospeso.   
 
Gli animi sono tormentati e la tensione cresce moltissimo in un parallelismo di stile con, ad esempio il film “La Cosa” del 1982 e infatti proprio come il capolavoro di John Carpenter alla fine lascia un senso di viscerale pensiero soprattutto nel finale. Le scene horror sono ben realizzate e il cast convincente tanto che il regista riesce a creare un legame forte tra lo spettatore e i suoi personaggi.   
 
I difetti che si possono riscontrare in “Sputnik” sono due di cui il primo è molto soggettivo mentre il secondo risulta essere un dispiacere. La tensione che costruisce non è per tutto il pubblico in maniera generica, alcuni potrebbero sentire un senso di oppressione e ansia talmente forte da non apprezzarlo per niente o lasciarlo a metà; Insomma lo si ama o lo si odia senze mezze misure. È davvero un peccato che negli ultimi 20 minuti abbandoni il suo approccio molto metodico, quasi perfettamente scadenzato e le motivazioni dei personaggi diventino un po’ artificiose. 
 
Andrea Arcuri