La stagione artistica al Teatro Nazionale parte in grande stile. Ieri 9 ottobre ha debuttato in cartellone, per rimanerci fino al 17 gennaio prossimo, un titolo importante che ha tutte le carte in regola per consacrarsi musical dell’anno. “Flashdance” aiutato dal traino favorevole della pellicola irresistibilmente cult del 1983. Sul palco rivive la storia di Alex, una ragazza molto contemporanea che incarna il sogno romantico e professionale di una generazione che voleva spiccare il volo ma doveva anche fare i conti con la cruda realtà. È una bella immersione nei meravigliosi anni 80 che rivivono grazie al lavoro encomiabile di professionisti che ricreano in modo perfetto abiti che sembrano davvero usciti dagli armadi di quegli anni, acconciature voluminose e un’atmosfera che ricorda un passato recente dove tutto sembrava ancora possibile con un po’ di impegno e fortuna.
Si ritrovano, e sarebbe stato un sacrilegio se non fosse stato così, i pezzi di una colonna sonora che non ha rivali nemmeno oggi. Brani così orecchiabili e ballabili che è difficile rimanere composti in poltrona solo ad ammirare il cast impegnato in coreografie che sprigionano il massimo dell’ energia e della vitalità possibili. Lo spettacolo è suddiviso in parti solo recitate, altre recitate e cantate per arrivare a esibizioni complesse che uniscono ballo, canto e recitazione insieme. La parte più riuscita e davvero efficace all’ interno dell’ intero spettacolo è quella danzante con coreografie di gruppo. Quando i quadri ballati coinvolgono la quasi totalità dei perfomer o anche solo una cospicua parte di essi si viene rapiti dal ritmo, non si può esimersi dallo scandire il tempo battendo le mani, si vorrebbe andare on the floor insieme a tutti loro. È un tripudio che viene sottolineato anche dalla qualità del disegno luci che consente alla scenografia di apparire e scomparire senza che lo spettatore se ne renda conto. Il cast corale che supporta i due protagonisti fa un lavoro immenso. Quando prende vita il corpo di ballo regala sempre emozioni e immette buone vibrazioni. Vittoria Sardo, nell’ interpretare la protagonista, è credibile e molto brava nelle parti recitate e cantate ma ancora un po’ debole nell’esecuzione tecnica del ballo.
Anche in termini di tempo la parte di sola danza per Alex è un po’ risicata nell’economia temporale complessiva ed è un po’ un peccato, se si rammenta il film e quei balli solitari scatenati. Le canzoni che hanno reso celebre il film è che ancora oggi richiamano le scene più memorabili sono lasciate, per fortuna, nella loro versione originale. Molte altri brani vengono invece scritti appositamente in lingua italiana. Si aggiunge anche la celeberrima “Gloria” di Umberto Tozzi senza una reale motivazione. Nello spettacolo, come prevedibile, ritroviamo anche la scena principe della pellicola. A metà spettacolo, prima dell’intervallo, quella doccia vera bagna la protagonista e suscita un “wow” di stupore e un meritato fragoroso applauso. La conclusione che vede riprodotta l’ audizione alla scuola di ballo è un escalation di ricordi per chi era già al cinema a sognare di essere un po’ come la protagonista nel lontano 1983 ma è ugualmente una immedesimazione realistica in un racconto che parla di sogni, di rivincita, di voglia di fare nella vita quello che si crede di sapere fare bene.
Come recita la frase motivazionale che campeggia sullo schermo prima che si alzi il sipario e che porta la firma di Freddy Mercury: “Si può essere tutto ciò che si vuole, basta trasformarsi in tutto ciò che si pensa di poter essere”. Che meraviglia varcare le soglie del teatro per ritrovare un mito che non sfiorirà mai perché la forza della passione è destinata a fare innamorare sempre. Generazione dopo generazione. Again and again.
Virna Castiglioni per Global Story Telling










