Chi ha subito un danno è pericoloso. Sa che ad esso può sopravvivere. Questa è una delle frasi, sovraimpresse con scritte, che fanno da sfondo ma anche da titolo ai balletti che si susseguono. Se qualcuno avesse dei dubbi sappia che si tratta di una storia d’amore. Un’altra reference avvertimento per il pubblico che si appresta ad assistere alla trasposizione danzante dell’ opera letteraria “ll danno”. Testo scritto da Josephine Hart nel 1991 e portato alla ribalta, l’ anno seguente, anche dall’ adattamento cinematografico di Louis Malle. L’ amore è quello di Stephen per Anna, di Martyn per Anna ma anche di Stephen per Martyn, essendone il padre. Anna in mezzo fra due uomini che sono legati da amore viscerale prima che si incontrassero con lei. Un gioco pericoloso ma anche tanto eccitante. Due uomini diversi per età, esperienza, lavoro, carattere ma attratti dalla stessa donna che non si sottrae al desiderio e alla voglia di possedere entrambi. Anche se disprezza e esorcizza il concetto stesso di possesso perché è il preludio della fine. Lei non sarà mai del tutto di qualcuno. Bastante a se stessa. Nella sua famiglia di origine un dramma si è consumato proprio per l’ incapacità di superare un abbandono d’amore vissuto come unico e totalizzante.
Le coreografie firmate dalla bravissima Susanna Beltrami restituiscono allo spettatore tutta la tensione erotica ma anche drammatica che la storia porta con sé. Sul palco un trio di eccellenze scaligere. Anna è interpretata da Emanuela Montanari mentre Stephen da Antonino Sutera. A completare un trio da brividi per bravura, talento e presenza scenica una giovane promessa che ha già tanto dimostrato: Nicolò Brizzi.
Sotto la supervisione esperta di Beltrami, il trio mette in scena un’ interpretazione intensa che coinvolge ed appassiona. Oltre al gesto tecnico che è preciso e sicuro il trio riesce ad esprimere tutta la gamma di sentimenti che si celano dietro le scelte che hanno determinato l’ esito infausto degli eventi. L’ amore pericoloso che spinge gli uni nelle braccia dell’ altro senza remore e rispetto alcuno per la sensibilità di chi è ferito ma prono solo al raggiungimento di un piacere che si fa profondo anche forse perché proibito. Chi ci fa innamorare può anche essere colui che distrugge la vita di chi amiamo. E dopo tutto può anche farci comprendere che quello che ci aveva sedotto era solo un abbaglio.
In scena si alternano assoli ad altri passi a due in una scenografia che è quasi spoglia di tutto. Come raccordo fra le varie scene che si susseguono parti recitate dagli stessi ballerini performer fanno da trait d’union.
I balli sono un crescendo emotivo che cattura e si fanno connubio fra sensualità, passione sfrenata ma anche dolore e perdita. Lo struggente tango segna il culmine della piece teatrale e della performance stessa, prima e dopo la presenza assenza del fantasma del figlio morto che compare e scompare dando un senso di angoscia e smarrimento che pervade l’ intera narrazione danzante. Un plauso alla direzione artistica del teatro Elfo Puccini che ha accolto questa bella occasione, all’ interno del festival Milanoltre, per offrire al pubblico meneghino una performance di eccellente qualità al di fuori della consuetudine dei palcoscenici canonici. Un modo per avvicinare un pubblico che accede in sala per assistere principalmente a spettacoli di prosa che ha avuto la piacevole sorpresa di una esibizione che ha saputo coniugare in modo mirabile il testo scritto con una visione di danza che ha lasciato stupiti. Scelta originale e anche coraggiosa.
Virna Castiglioni per Global Story Telling










