Il film racconta la storia di due coppie che si incrociano casualmente durante un soggiorno a Roma. Per Daniele (23) e Giulia (22), due giovani del nord Italia, Roma è la meta del loro primo viaggio insieme. Per Fabrizio (48) ed Emilie (45), residenti da tempo in Olanda, è invece l’occasione per tornare da soli nel posto dove si sono conosciuti vent’anni prima, ora che i figli sono adolescenti.
Siamo di fronte a un film girato per non stupire nella sua parte estetica piuttosto a dar spunto di riflessione e perfetto per una visione intima magari con il proprio partner, seduti sul divano e con la consapevolezza che subito dopo nasceranno possibili discorsi impegnati. Un film che parla di mezze verità, bugie che diventano sempre più grandi e rivelazioni costruite e calcolate che hanno lo scopo finale, voluto e no, di mettere tutto in discussione soprattutto la fiducia nei confronti della persona amata.
Ecco che ci ritroviamo a porci alcune domande, le stesse dei protagonisti che cercheranno di capire cosa sia successo tra Giulia e Fabrizio andando a smuovere discorsi e sentimenti forse sopiti come la gelosia di Daniele o l’atteggiamento di Emilie. Le domande sono molteplici e si ripropongono in forme anche differenti e questo permette di creare suspense e interesse nel pubblico che vorrebbe capire l’andamento e le tante (mezze) verità ma anche come ci si comporterebbe in quella situazione.
Il film ha anche la capacità di smuovere la sua componente più narrativa grazie a una sceneggiatura fatta di continui passaggi tra passato (Giulia e Fabrizio in ascensore) e presente legato a una cena tra tutti, discussioni e disagi a cui aggiunge anche un elemento inaspettato (no spoiler) che ne aumenta e complica la portata emotiva.
Risulta inevitabile che alcuni aspetti potrebbero non trovare il favore del pubblico sia per motivazioni personali, moralistiche o di poca credibilità di una situazione che si va a complicare per creare volutamente movimento e nuovi spunti. Ne risulta quindi un film che proprio tramite questa sovrabbondanza di forma vuole aprire a molteplici valutazioni e interpretazioni che rimangono però in zone di mezzo senza davvero incidere. Questo perché la scelta di lavorare di sottrazione nella resa rischia di perdere un pubblico affamato di una maggior carica emotiva e che non riesce a cogliere tali sfumature più leggere.
Andrea Arcuri