Tre donne. Tre percorsi. Tre situazioni parallele. Anche tre solitudini, se vogliamo.
Un fitto bosco fa da denominatore a comune a queste tre persone, Piano piano questo ambiente naturale fatto di vegetazione compatta e quasi impenetrabile sembra assumere un aspetto simbolico, diverso ma anche simile per ciascuna delle tre protagoniste.
I capitoli che si susseguono, come titolo hanno a rotazione i nomi di Beverly, Valerie e Lena. Non sono sezioni monografiche perché in ognuna si intersecano le riflessioni di ognuna di loro così come la loro ricerca di se stesse.
Non è di certo l’ #azione a predominare ma una certa lentezza, assolutamente necessaria in un simile impianto. Non è un libro adrenalinico anche se all’interno della trama c’è un risvolto che tiene alta l’attenzione per tutta la storia. Sta di fatto che questi momenti dove le tre eroine fanno man mano il punto con se stesse sono assolutamente fondamentali per entrare ancora più all’interno del contesto realizzato da Gaige.
Parlavo di #parallelismo, all’inizio, la cui prerogativa è quella di rendere onnisciente chi legge. Forte della magia che promana da questo sentiero degli Appalachi, personaggio #non_umano della storia, questa #onniscienza sembra quasi un potere. Al punto che, se si potesse, entreresti nelle pagine per svelare qualche dettaglio a una o a tutte le tre figure principali del plot.
Anche se si tratta di echi e di flash, nell’insieme si possono cogliere alcuni elementi di somiglianza con il recente “Il dio dei boschi” di Liz Moore, la quale, tra l’altro è presente sulla quarta di copertina con una sorta di #endorsement. Solo che #somiglianza è una parola fin troppo grossa. Soprattutto perché a monte gli intenti delle due autrici sono stati differenti.
Di solito, in estate, si tendono a promuovere quei libri cadenzati da un forte ritmo narrativo, proprio perché questi ritmi potrebbero suscitare caroselli di emozioni.
Con i suoi tempi diversi, “Il cuore della foresta” si allontana dalle sensazioni #usa_e_getta perché crea vere #emozioni.
Enrico Redaelli per Globalstorytelling