Al Teatro Litta è di scena IL GIOCO DELL’AMORE E DEL CASO. Ecco la nostra Recensione…

25 Giu, 2025

Quando si vuole sfidare il destino addomesticandolo per farselo amico. Quando non si vuole assecondare il fato ma ci si industria per domarlo, piegandolo ai propri desideri, ecco che lui ci mette ugualmente la parola finale e fa ancora una volta quello che vuole. Silvia è la figlia nobile del padrone Orgone e ha una domestica personale di nome Lisetta. È promessa sposa dal padre al giovane Dorante ma prima di incontrare il suo futuro consorte vuole capire se può essere per lei un buon marito e, con il beneplacito paterno, escogita un piano che può farla osservare e meditare da un punto nascosto e, pertanto, assai privilegiato. Si fingerà domestica lasciando alla vera servitrice il compito di incarnare il ruolo di padrona. Un piano originale e talmente tanto diabolico da essere pensato e messo in atto anche dal suo futuro sposo per le stesse medesime ragioni.

Non essere condizionati nella scelta matrimoniale dal rango, dalla posizione sociale e nemmeno dalla parola data dai rispettivi genitori. Una commedia degli equivoci che sa essere deliziosa. Ben recitata dai cinque attori in scena che si muovono con disinvoltura incarnando i personaggi e il loro travestimento. Orgone interpretato dal bravissimo Gaetano Callegaro, colonna portante della compagnia del teatro Litta, è il personaggio che incarna l’equilibrio, la saggezza e diventa il narratore di una storia così antica ma che sa ancora parlare all’oggi. Al gioco della seduzione fra individui che conta ancora molto sulle apparenze, sull’essere agli occhi del mondo persone rispettate e reputate buoni partiti. Sull’ascensore sociale che illude tutti di poter scendere al piano che si desidera ma che per certi rimane bloccato sempre allo stesso livello. Un lieto fine che si ricerca dall’ inizio e, che a dispetto della messa in scena realizzata, si verificherà lo stesso, con buona pace di tutti.

Divertente assistere al doppio gioco che si fa intrigo, che svela il vero carattere dei protagonisti, che mette in luce il vero lignaggio e non tradisce le proprie origini, siano esse umili o altolocate. Chi nasce tondo non può morire quadrato ma soprattutto chi si piglia si assomiglia. La vera nobiltà risiede nell’animo e non può essere celata da vestiti e orpelli superficiali. Chi è signore davvero lo rimane anche quando calza panni dimessi. E, viceversa, chi imita soltanto, prima o poi si svela per quello che è. Sulla scena che è allestita in modo essenziale una serie di lunghi tendaggi bianchi nascondono e incorniciano i vari momenti dando l’ impressione realistica dei passaggi dei protagonisti in stanze e saloni come se il palco fosse un sontuoso palazzo che accoglie il pretendente per conoscere la promessa sposa. I costumi sono neutri per dare modo ai personaggi di intercambiarsi semplicemente indossando cappelli che li trasformano da signori a servitori. Anche la durata dello spettacolo che si potrae per due ore non risulta eccessiva perché la regia di Sixty la sa rendere fluida e davvero molto interessante agli occhi dello spettatore che rivede in un racconto ambientato in epoche passate ancora tanto del modo di conoscere ancora oggi qualcuno che ci potrebbe interessare. Fingere per studiare più da vicino qualcuno è un vecchio trucco che si rivela sempre vincente. Anche se, non si può fingere troppo a lungo perché la verità, venendo a galla, sistema sempre tutto.

Virna Castiglioni per Global Story Telling