Sonny Hayes è stato un talento della FORMULA 1 fino a quando un incidente in pista non ha rischiato di porre fine alla sua carriera. Trent’anni dopo Sonny viene avvicinato dal suo ex compagno di squadra Ruben Cervantes, proprietario di una squadra di FORMULA 1 in difficoltà e sul punto di fallire. Ruben riesce a convincere Sonny a tornare in pista come ultima speranza per salvare la squadra e correre al fianco di Joshua Pearce (Damson Idris), giovane esordiente determinato a dettare le sue regole all’interno del team.
Non c’è nessun dubbio che siamo di fronte ad uno di quei film che devono essere visti SOLO sul grande schermo con un impianto audio di altissimo livello e uno schermo di enorme grandezza. In qualsiasi altra situazione andrebbe a perdere buona parte del suo spettacolo e della sua presa sul pubblico stesso. Le immagini che vediamo sono di una storia di classicismo tra cadute e rivalse quando si concentra sui personaggi, di ampio respiro quando spazia nelle lunghe carrellate e di forte adrenalina quando corre in pista lungo le gare. Stiamo parlando di quella forma di adrenalina che si avvicina alla sua essenza più semplice ma anche più alta nella sua costruzione maniacale.
Parlando di precisione non possiamo far presente che John Kosinski non ha voluto realizzare solo un film di buon intrattenimento ma maniacale nell’approccio realistico come aveva fatto con “Top Gun: Maverick”. Il film è stato girato realmente durante i gran premi della F1 della scorsa stagione infatti spesso vediamo i veri piloti come Lewis Hamilton, Max Verstappen o Charles Leclerc interagire con gli attori che hanno guidato vere auto da corsa e hanno gareggiato insieme a loro. Tale aspetto dona al film quell’essenza che non può essere replicata nei greenscreen o non può trovare un equo confronto quando gli attori interagiscono con esseri realizzati in CGI. Qui è tutto vero, realizzato da un gruppo di stunts di altissimo livello, da un comparto registico in totale controllo e da attori che si sono messi in gioco.
Come ogni film che alza l’asticella della parte estetica, ecco che la storia e alcuni risvolti devono per forza seguire costrizioni e obblighi un po’ troppo tirati a favore di magnetismo a tutti i costi. Brad Pitt ha ancora carisma da vendere ma la storia del suo Hayes, ex pilota dal passato turbolento che torna per aiutare un amico in difficoltà, latita in parecchie incongruenze e passaggi inverosimili. I dialoghi non sono certo il punto forte del film e risulta difficile e forse anche moralmente dubbio credere che se un pilota usasse tante scorrettezze come Hayes, potrebbe davvero vincere la gara e gareggiare nelle prime file.
“F1: The Movie” spesso passa come un lungo spot per questo sport perché troppo maniacale nei dettagli, pulito nell’immagine e nell’estetica ma soprattutto nella storia di eroi che si redimono, nemici che diventano compagni e amori che sbocciano in maniera quasi obbligata. Manca la realtà dove invece dovrebbe averla di più cioè nella cura dei personaggi e un maggior ruvidezza nella resa ma tutto passa in secondo piano ogni volta che iniziano le gare, si scende in pista e vediamo i nostri protagonisti guidare e farci sognare.
Andrea Arcuri