Cosa rimane nella vita se non permettiamo che la poesia, la magia la bellezza la abitino? Cosa rimane se non ascoltiamo i nostri desideri, non assecondiamo i nostri sogni, non riusciamo a chiedere aiuto a chi ci ama, non accettiamo noi stessi per quelli che siamo e gli altri per quello che sono? Un lungo sonno.
“Dopo la tempesta” ha un labile riferimento all’ultima opera del Bardo ma è decisamente altra cosa. Contemporaneità e vita reale di una metropoli respingente abitata da uomini e donne soli in balia di problemi.
Ariel è quel tocco di speranza che non sempre accogliamo con i giusti favori, è la mano tesa quando abbiamo bisogno di rialzarci, finiti a terra dopo una rovinosa caduta, ma che non sappiamo sempre afferrare con mano salda. È la coscienza che ci guida nelle azioni ma anche il coraggio di scegliere una strada mai battuta prima, per vedere se la felicità ha scelto proprio la fine del bosco come dimora.
Le vite degli uomini possono cominciare in modi differenti. Le storie umane sono tutte diverse all’ origine. Finiscono però tutte allo stesso modo. Quello che le distingue davvero sono le modalità che ognuno sceglie per attraversarle, compierle, metterle in atto.
In “Dopo la tempesta” il sogno e la vita reale non sono così definiti ma compenetrati l’uno nella dimensione dell’altro. Cosa è vero e cosa è inventato non sembra però essere importante. Quello che importa trasmettere è invece la forza dell’ immaginazione, il supporto morale che può essere insito in un progetto, nella voglia di realizzarlo, è la volontà di riuscire a vedere il bello e il buono anche se tutto è grigio, spento, rotto, abbandonato. È aprire la finestra e guardare il sole anche se bisogna cercarlo fra i palazzi, annaffiare le piante con la pazienza di vederle fiorire. È uscire e cercare il sorriso in fila, la gentilezza nella fretta e la buona occasione che possa risolvere la giornata. E poi giocare, immaginare mondi diversi, prendere per mano la fantasia e costruire città che abbiano tutto quello che serve, per tutti.
Lo spettacolo è un caleidoscopico racconto che fa sognare. Una camminata con i protagonisti in un paesaggio urbano degradato, ma con la volontà che va a braccetto con la speranza di reinventarlo per farne un posto dove coltivare buone pratiche. Sul palco una coppia affiatata che mette in scena il disincanto e la poesia. La giovinezza irruenta e agitata con la vecchiaia saggia e pacata. Nel mezzo un rumore di disturbo di chi non vuole accettare il nuovo e si diverte a screditare il vecchio come se fosse sempre tutto sbagliato quello che ci circonda e non ci fosse mai un modo per aggiustare le cose. Criticare è sempre più facile che costruire. Ma chi ha il coraggio di scatenare una tempesta per ritrovare se stesso ha già vinto.
Virna Castiglioni per Global Story Telling