” The Monkey ” – Recensione in Anteprima. Al Cinema dal 20 Marzo 2025.

11 Mar, 2025

Quando due fratelli gemelli trovano una misteriosa scimmietta a molla, una serie di morti inspiegabili distrugge la loro famiglia. Venticinque anni dopo, il giocattolo maledetto riappare, dando inizio a una nuova scia di sangue e costringendo i due fratelli, ormai separati, a fare i conti con il loro oscuro passato.

Basato sul racconto di Stephen King e prodotto da James Wan (The Conjuring, Saw), il film è la nuova opera firmata da Osgood Perkins (Longlegs). Siamo di fronte ad un horror non di stampo classico perché non spaventa quasi mai, non ci sono veri jump-scare, non c’è una crescita di tensione d’effetto e il classico mostro non si nasconde mai nell’ombra ma è sempre visibile e in primissimo piano. Lo stile di Perkins è molto ricercato, lento nella trama con divagazioni quando non serve ed exploit nel campo dello splatter in maniera inaspettata che non possono fare altro che suscitare risate incontrollabili. Ancora una volta il regista regala al pubblico qualcosa che vuole prendersi il suo tempo per fare black-comedy solo che pecca per una certa ripetitività nelle situazioni che vengono mascherate da morti raccapriccianti.

Potremmo definirlo come una commedia esistenzialista che punta sull’assurdo e su morti caratterizzate da un senso dell’umorismo macabro e contorto. Ci sono momenti assurdi con una trama che procede in maniera classica e basilare senza davvero sorprese ma che viene portata avanti tramite la curiosità nel vedere la prossima morte assurda.

Non c’è mai un vero momento di riflessione o di metafora che possa essere suggerita, questo non è certo un obbligo per ogni film ma almeno poteva dare un senso di maggior profondità e di scopo al racconto che stiamo guardando. Ci resta quindi la parte divertente, la voglia di andare avanti giusto per capire dove si andrà a finire nelle sue esagerazioni e nel suo percorso. Tutto il contesto e il suo essere solo un esercizio di stile cadrebbe totalmente se alle spalle non ci fosse la consapevolezza e maestria di Perkins. Il tono è voluto e calcolato fino ad ogni fotogramma, il suo essere contorto in maniera finta è solo per arrivare al limite di durata minimo e i suoi spunti di riflessione o metafore sono accennate quando basta per non dimenticarseli totalmente dopo la visione. 

Andrea Arcuri