Valentina Berengo è una divulgatrice letteraria e scrive di narrativa su “Il Foglio”, “minima&moralia”, “Il Bo Live” ma è anche tra i fondatori di “Scrittori a domicilio” e “Personal Book Shopper – dimmi chi sei e ti dirò cosa leggere”. Ha portato la sua grande esperienza in campo letterario al Gallio Film Festival come componente della giuria rendendoci partecipi delle sue considerazioni e opinioni.
Come precede il Gallio Film Festival e come vivi questa tua prima volta nel mondo del cinema come giudice?
Il festival a mio parere procede molto bene. E’ la mia prima volta qui e ho trovato una realtà veramente interessante sotto molti punti di vista, in particolare per la scelta editoriale dei titoli e per i temi. Devo dire che valutare il cinema contemporaneo dal punto di vista di una persona esordiente nella regia lo trovo un punto di vista interessante. Spesso sono direttori della fotografia o attori che si cimentano ad essere registi per la prima volta e per me che arrivo dalla letteratura, è stato affascinante ascoltare dalle loro vive voci quali fossero le loro intenzioni, e cosa li ha spinti a trasformare quest’ultime in qualcosa di realizzato che poi giunge al pubblico.
Trovi somiglianze tra la figura del regista e quella dello scrittore?
Si, trovo tante similitudini tra queste due figure perché entrambi producono/conducono una narrazione e hanno in mente qualcosa che tentano di trasmettere al lettore/pubblico. Dall’altra parte, chi riceve il risultato di questo operato, attraverso la propria esperienza, lo interpreta in modo personale e capita che tale interpretazione non coincida con le intenzioni del regista. In questo caso è altrettanto emozionante quando il regista spiega il suo punto di vista e riesce a far cogliere al lettore alcuni spunti che erano stati trascurati, così da far comprendere meglio il messaggio che voleva trasmettere.
Come il pubblico ha risposto a questo festival?
Il pubblico è stato sempre molto presente e vivo riempiendo completamente quasi sempre le sale. La possibilità di discutere con una presentatrice o i registi stessi ogni film ha stimolato molto il pubblico ad esporre la propria opinione; questo ha permesso di ascoltare diverse interpretazioni dello stesso film, domandarsi il motivo di una scena o ancora di discutere alcuni punti della trama rimasti irrisolti. Si è rivelato un pubblico abituato a tale dialettica e comunicazione, sveglio ed attento, dunque un valore aggiunto al festival.
Le persone che sei solita vedere alle presentazioni letterarie sono simili a quello che trovi in questa occasione di stampo cinematografico?
Noto che il pubblico chiede le stesse cose ad un regista o ad uno scrittore perché vedo che li accomuna un certo livello culturale, l’abitudine all’ascolto, il porsi delle domande e ricevere delle risposte. E’ un pubblico voglioso di comprendere il punto di vista altrui e quindi aperto al confronto e capace di esplicitare il proprio sentimento.
A livello critico, venendo dal mondo letterario com’è il tuo approccio nel tuo ruolo in giuria?
Il mestiere di critica letteraria mi ha insegnato a sospendere un giudizio perché deve cogliere quello che gli viene detto senza essere precipitoso. Chi giudica deve come ultima cosa dare un giudizio selettivo e definitivo. Le domande chiave sono “perché?” e “che cosa vuole trasmettere l’opera che sto guardando/leggendo?”. Per anni ho dato consigli di lettura tramite una web app e via email o con incontri in libreria o via radio. Pensi sempre che non ci sia un libro che merita di essere o non essere letto, ma ogni libro ha un suo lettore e anche il momento giusto per essere letto. Dunque, nonostante io possa non avere una preparazione tecnica specifica, molti scrittori con cui ho lavorato hanno avuto esperienza in ambito cinematografico, inoltre la mia competenza nel giudicare o meglio, come dicevamo prima, nel sospendere il giudizio e porsi le domande giuste, mi ha consentito di approcciarmi consapevolmente a questo ruolo.
Entrando più nello specifico: al di là della componente narrativa, cosa differenzia davvero il giudizio di un libro da quello di un film?
Ci sono certo dei fattori aggiuntivi di stampo più visivo, ma è pur sempre un linguaggio narrativo, dunque ritroviamo delle pause, le luci, la scelta di mettere in risalto un aspetto piuttosto che un altro. Io guardo spesso un film dopo aver letto il libro da cui è stato tratto, e trovo affascinante come queste opere d’arte siano state trasformate l’una nell’altra ed il debito che l’una ha nei confronti dell’altra. Nel mondo della lettura il lettore è sovrano e vede quello che vuole vedere, può saltare delle parti e leggere con velocità differenti. Nel cinema invece si è più passivi riguardo quello che il regista vuole farci vedere. Concludendo, sento di aver compreso alcuni aspetti tecnici, mentre per altri ho avuto dei grandi colleghi in giuria dai quali, grazie al confronto, ho imparato tanto specialmente dal punto di vista attoriale. Alla fine quindi ho valutato l’insieme di tutto, facendo tesoro delle discussioni con i membri della giuria che hanno dato a questa mia esperienza un valore aggiunto.
Un ringraziamento a Valentina Berengo per le sue considerazioni ed esperienza in campo letterario portata al Gallio Film Festival. I nostri complimenti per i suoi tanti lavori a servizio della divulgazione culturale che consigliamo di seguire tramite il sito : www.valentinaberengo.it .
Andrea Arcuri