Fabio Rosi in giuria al Gallio Film Festival porta la sua esperienza ricordando il suo primo film da regista…  

27 Lug, 2024

Fabio Rosi nasce come regista di cortometraggi per poi passare a film più lunghi con ottimi risultati; infatti, il film “L’ultima Lezione” ha ricevuto moltissimi premi. Successivamente diventa anche scrittore ed è il componente con più anni d’esperienza come giurato al Gallio Film Festival. Ecco direttamente dalle sue parole come ha vissuto questa nuova edizione…

 

Sono molti anni che partecipi al Gallio Film Festival in qualità di giurato. A quali cambiamenti hai assistito nel corso degli anni dal punto di vista dei film proposti?

Ho conosciuto il festival perché vi partecipai con il mio esordio “L’ultima Lezione” e poi dal 2001 ho partecipato come giurato. Risulta una piacevole sorpresa la costanza di opere prime scelte di alta qualità. Le opere prime, essendo film d’esordio, rischiano di essere film semplici e quindi non risultare di qualità o al contrario possono essere ottime prime opere. Questo di Gallio è il film festival più vecchio in italia di opere prime, sono 27 anni che procede con questa scelta stilistica e noto che la qualità dei film scelti è sempre molto alta e, pur essendo un festival quasi di nicchia, vedo una grandissima partecipazione degli autori, delle produzioni e dei partecipanti a livello di registi e di disponibilità da parte delle case di produzione.

 

Qual’è stata la risposta del pubblico negli anni?

In alcuni anni c’è stato un un calo di pubblico, di natura direi quasi fisiologica, ma altre edizioni invece hanno visto una partecipazione in continuo aumento; questo si nota in particolare nella significativa affluenza alla visione dei film del pomeriggio, momento della giornata in cui in teoria è più difficile creare partecipazione.

 

Com’è il tuo ruolo da giurato considerando che sei sia regista ma anche scrittore e quindi puoi avere un approccio su più fronti?

Quello che noto maggiormente è la qualità dell’immagine, non a livello puramente tecnico, ma proprio le inquadrature scelte dall’occhio del regista attraverso le quali trasmettere una specifica porzione di realtà al pubblico. La recitazione degli attori è altrettanto importante e dev’essere molto naturale, convincente e soprattutto coinvolgente. Devo riuscire ad entrare nella vita delle persone che vedo sullo schermo senza che me ne accorga davvero; questo è quello su cui baso molto la mia opinione. Ovviamente sono consapevole che stiamo parlando di opere prime, quindi si devono accettare piccole défaillance magari legate ad una scrittura a volte didascalica.

 

C’è qualcosa che ti ha colpito particolarmente in positivo o in negativo?

La cosa che mi ha colpito di più è il fatto che ho visto pochissimi momenti di caduta nella recitazione, ovvero momenti di falso nelle interpretazioni anche in momenti inevitabili dovuti al manierismo di scrittura. A volte ci sono battute didascaliche, un po’ forzate, ma sono piccoli momenti che si superano senza tanti problemi. Magari io stesso ho peccato di questo difetto.

 

Ecco facciamo un passo indietro. Cosa ricordi della tua partecipazione come regista? 

A quei tempi era ancora vivo Mario Rigoni Stern, di cui ero venuto a conoscenza al liceo grazie al mio insegnante di lettere. Quando vinsi il festival fu per me un momento indimenticabile: certamente ero emozionato per la vittoria, ma ancor di più per il fatto che fu lo stesso Mario Rigoni Stern a premiarmi. In quell’occasione, avevo partecipato con un’opera prima che, a distanza di tempo e forse diversamente da come si fa ora, non è un’opera “di pancia”, ovvero non dettata da una mia esperienza personale che voglio mettere sullo schermo. Ho invece fatto, inconsciamente direi ora, qualcosa di diverso: mi sono affidato ad una storia che per me era già una garanzia di interesse. Partendo da un libro già scritto che racconta della scomparsa di Federico Caffè, ho dunque voluto raccontare questa storia nel miglior modo possibile mettendoci del mio soprattutto a livello stilistico.

 

Dopo il suo primo lavoro “L’ultima Lezione” presentato al Gallio Film Festival, Fabio Rosi è tornato a dirigere un cortometraggio di cui vi proponiamo la nostra recensione :

 

https://www.globalstorytelling.it/2024/02/20/un-natale-del-1945-recensione-presentato-in-anteprima-nazionale-al-cineghel-di-gallio/

 

Un ringraziamento al regista e scrittore Fabio Rosi per la sua voglia di condividere la sua lunga esperienza. Ci auguriamo di vederlo nuovamente all’opera e lo ringraziamo per la sua presenza ancora una volta a questo magnifico Festival. 

 

Andrea Arcuri