La docu-serie racconta la cultura tossica e gli abusi subiti da chi lavorava dietro le quinte e non solo della famosa tv USA per ragazzi diretta da Dan Schneider nel corso degli anni 90 e dei primi anni 2000. Al centro della docu-serie c’è l’impero costruito dal produttore e showrunner Dan Schneider, curatore di programmi di successo su Nickelodeon come “All That” e “The Amanda Show” ma che al contempo aveva creato un ambiente insidioso pieno di abusi, sessismo, razzismo, sketch sessualizzanti e comportamenti inappropriati con la troupe e le sue star minorenni. Grazie alle interviste inedite ai principali membri del cast di questi programmi per adolescenti, agli scrittori e alle testimonianze di chi all’epoca lavorava a Nickelodeon traspare un ambiente di lavoro altamente tossico, sessista e violento.
La docu serie racconta quindi nuovi retroscena di come uomini terribili nell’industria cinematografica e televisiva abbiano portato avanti concetti e situazioni legate allo sfruttamento che in questo caso si concentra su quello minorile. Nickelodeon ha dominato la televisione americana per bambini all’inizio del millennio e sicuramente Dan Schneider è stato l’uomo artefice dei suoi maggiori successi. Vediamo però come lo stesso autore di molti programmi e scopritore di altrettanti talenti viene raccontato come una presenza capricciosa e intimidatoria esponendolo ad un lungo elenco di accuse, tra cui l’umiliazione di donne e la a creazione di rapporti più o meno uniti con attori bambini che non erano abbastanza bravi o di successo. Riguardando certi sketch si nota come ad alcuni di loro è stato chiesto di rendersi protagonisti di scene che sembravano avere allusioni sessuali.
Si parla di bambini in bikini o body aderenti a cui venivano spruzzati getti d’acqua o sottili strisce di sostanza appiccicosa schizzata sui loro volti mentre i piedi nudi delle ragazze erano un tema ricorrente e in un’occasione la sedicenne Ariana Grande ha dovuto far finta di “mungere” una patata con due mani.
La prima puntata, dopo aver mostrato alcuni di questi episodi, si sposta sul racconto di due scrittrici di Nickelodeon, Jenny Kilgen e Christy Stratton, e di come si sono ritrovate in inferiorità numerica rispetto agli uomini mettendo alla luce come spesso Schneider le facesse sentire emarginate e tormentate con scherzi sessisti e battute di vario genere. Siamo sicuri però che c’è tanto da scoprire e le puntate successive porteranno alla luce situazioni molto più gravi di quelle viste fin’ora. Si spera solo che ognuna di queste accusa venga accompagnata anche da fatti concreti e prove perché per ora la sensazione sembra essere quella di una serie di aneddoti certo spaventosi e interessanti ma che in parte possono essere associate a racconti riportati e proprie sensazioni riguardo cosa sia giusto oppure no.
“Quiet on Set” funziona certamente come un caso di studio sul potere nel mondo dell’intrattenimento e di come le situazioni possono sfuggire di mano molto velocemente con la scusa della pressione di lavoro. Senza voler difendere Schneider bisogna anche tener conto del ruolo che dovrebbero avere i genitori in una vicenda del genere. Troppo spesso, vista la possibilità di avere fame e successo, chi dovrebbe tutelare i più fragili non si accorgono di certe situazioni dimenticandosi il loro ruolo. Lo stesso autore ha risposto in parte tramite un’intervista su YouTube in cui ammette e si scusa per aver messo a disagio il personale femminile.
Se le intenzione della docuserie sono importanti e ogni tipo di abuso dev’essere punti o portato alla luce, si deve fare un’attenta analisi che va al di là della storia ma basare la propria opinione sulla costruzione del racconto. Sappiamo che Dan Schneider è stato condannato per alcuni capi d’accusa a livello legale ma c’è la sensazione che si è voluto raccontare tale storia andando a ripetere un po’ troppe volte e senza prove concrete quello che succedeva rendono la docuserie unidirezionale negli intenti e quindi nella sua chiave di lettura senza che venga data allo spettatore la possibilità di passare come imparziale o oggettiva nei fatti raccontati.
Andrea Arcuri