Emarginata dai propri compagni, l’adolescente Kokoro non si reca più a scuola, passando le giornate sola in casa. La sua vita cambia quando, attraversando lo specchio della propria camera, la ragazza si ritrova in un magico castello in compagnia di sei suoi coetanei. Il gruppo è stato riunito da una misteriosa ragazzina il cui volto è celato da una maschera di lupo, che ha in serbo per loro un gioco: nel castello è nascosta una chiave e chiunque la troverà potrà esaudire il suo più grande desiderio.
Le intenzioni dell’autore Keiichi Hara sono evidenti; parlare di bullismo e altri disagi attraverso un viaggio di formazione di una ragazza non molto popolare ed emarginata. Per affrontare argomenti di questo tipo si poteva procedere in maniera differente attraverso un film luccicante sotto molti aspetti con effetti speciali di prim’ordine con personaggi fortemente eroici e un’avventura mirabolante e in questo modo si poteva parlare di un film d’alto profilo che arrivava alle masse. L’animo di Hara è invece più lieve nella messa in scena e nei toni dove i colori risultano tenui, i personaggi introversi, pieni di difetti, una regia semplice e dove la CGI è ridotta al minimo puntando tutto sulla parte più psicologica.
Pur essendo ambientata in un mondo di fantasia con stranezze e personaggi magici, ci si ritrova spesso a vivere lunghe pause di silenzi e riflessioni in maniera rispettosa verso i disagi che vuole affrontare. Il contesto è quello dei film gialli dove, in questo specifico esempio, bisogna trovare una chiave per uscire dal castello ed esaudire un proprio desiderio ma in realtà la sfida è contro se stessi nel trovare dentro di sé un modo per non subire più da chi ci attacca psicologicamente e fisicamente. Anche qui però il modo in cui tutto viene affrontato non è quasi mai diretto e soprattutto banale. Il fatto che i sogni dei protagonisti siano spesso legati a superare dei traumi e vengano disillusi, porta a vivere una solitudine profonda e distorta che vira nel diventare un pericolo per sé stessi e gli altri. Parlando ancora della sua importanza a livello tematico e morale, il modo in cui tali desideri si realizzano è molto simbolico proprio perché dimostrano che la magia arriva ma fino ad un certo punto. Non si parla solo di bullismo ma anche delle difficoltà a scuola e traumi che si subiscono e nel rapportarsi con gli altri e proprio agli adulti viene data una forte importanza.
Lasciando però da parte quella componente del film che parla al cuore e che è certamente molto soggettiva, è da notare un comparto tecnico solido e ben realizzato ma che certo non punta ad essere all’avanguardia anzi quando ci prova, in alcuni frangenti si notano piccoli problemi di prospettiva quasi fastidiosi che fanno perdere la magia del disegno più classico e meglio affine con l’opera. Come detto in precedenza questa scelta di realizzare qualcosa di semplice è funzionale alla storia e per la sua importanza emotiva; speriamo che tali aspetti vengano meglio recepiti da un pubblico a volte troppo desideroso di riempirsi gli occhi lasciando in secondo piano il cuore.
In quest’opera c’è solo un aspetto che potrebbe non piacere o conquistare il pubblico. Il modo in cui tutto viene narrato, in particolare la sua parte iniziale, è decisamente lento e pur apprezzando uno stile rilassato tipico di questi prodotti in effetti alcune lentezza narrative si sentono e visto i temi trattati vanno ad amplificare un certo peso specifico dell’opera. Altro aspetto che dispiace davvero è l’importanza che viene data in modo differente ai personaggi e inevitabilmente ai loro problemi. E’ evidente che il punto di vista è quello di Kokoro ma tutti i ragazzi che incontra nel castello hanno qualcosa di molto profondo da cui cercano di scappare. Alcuni di questi vengono affrontati lievemente lungo il racconto, di altri ne veniamo a conoscenza solo nel finale con piccoli flashback. Tra questi ce n’è uno in particolare che per il suo peso profondo risulta molto funzionale la sua conoscenza solo alla fine in maniera così particolare ma dispiace perché sono tutti molto importanti e dare a tutti la giusta importanza e spazio avrebbe coinvolto maggiormente il pubblico creando maggior empatia.
Andrea Arcuri