Miles Morales, dopo essersi riunito con Gwen Stacy, l’amichevole Spider-Man di quartiere di Brooklyn viene catapultato nel Multiverso, dove incontra una squadra di “Spider-Eroi” incaricata di proteggerne l’esistenza. Ma quando gli eroi si scontrano su come affrontare una nuova minaccia, Miles si ritrova contro gli altri “Ragni” e dovrà ridefinire cosa significa essere un eroe per poter salvare le persone che ama di più.
Il film continua a raccontare una classica storia di crescita e formazione nel modo in cui aveva fatto con il capitolo precedente ma spinge ancora di più la sua particolarità stilistica introducendo stili nuovi che si uniscono alla perfezione. Non si adagia sua questo aspetto estetico ma aggiunge anche una forte componente emotiva di rapporti che si rompono, incomprensioni, tradimenti e crescite improvvise su molteplici livelli emotivi.
La libertà espressiva dell’animazione non è mai stata cosi libera di vincoli e soggetta alla pura espressione spogliandosi di costrizioni che spesso ne limitano tale libertà. Si esce dalla visione di questo film con una tale fiducia nella creatività che viene voglia di disegnare e di pensare che davvero qualsiasi cosi si immagini la si possa realizzare cosi come lo stesso film ci vuole insegnare.
Al di là di questa componente puramente di mezzi e messa in scena, c’è anche una parte molto pronunciata che è legata ai sentimenti. Allungando di molto la durata e sfiorando i 140 minuti totali, questo nuovo dello SpiderVerse punta sui rapporti. Vedremo tantissimi Spider-Man in campo e un numero incalcolabile di easter egg e riferimenti ai classici dei fumetti e dei film precedenti ma quello che Miles Morales e altri dovranno affrontare legato alla perdita personale e tradimenti per giuste motivazioni, risulta davvero molto da assimilare in termini di trasporto emotivo.
La durata del film è quindi giustificata per questi aspetti e solo chi non sopporta la velocità estetica di quello che sta guardando non lo apprezzerà. Inoltre la sua complessità introspettiva viene fuori spesso quando lo stesso film decide di prendersi un attimo di respiro, diminuisce la sua forza e facendo così permette allo spettatore di assimilare tutto quello che ha appena visto che sia una imponente scena d’azione oppure una rivelazione dei personaggi ma senza che si annoi perché tali momenti servono per avere lo slancio per un successivo momento catartico di cui il film stesso risulta pieno.
Andrea Arcuri