Allison (Florence Pugh) è una giovane donna che ha davanti un futuro radioso: ha un fidanzato meraviglioso, una carriera fiorente, una famiglia e degli amici che la sostengono. Ma il suo mondo va in mille pezzi quando sopravvive a un terribile incidente ed esce dalla clinica con una dipendenza da oppioidi e un dolore irrisolto. Negli anni successivi, sarà l’improbabile amicizia che stringe con l’aspirante suocero (Morgan Freeman) a darle la possibilità di rimettersi in sesto e andare avanti con la sua vita.
Il film funziona grazie alla forza dei suoi interpreti che spesso si mettono completamente a nudo delle emozioni in modo profondo e convincente. Il modo in cui ognuno è sopraffatto dalle sue complessità e dipendenze viene messo in scena e al suo spirito più realistico possibile senza esagerazioni.
Tutto è concentrato nei continui momenti di risalita e ricaduta dei personaggi interpretati da Morgan Freeman e Florence Pugh e vederli spesso insieme sullo schermo sfidarsi, aiutarsi e confrontarsi è la motivazione che vale la visione di tutto il film.
Quello che potrebbe rappresentare un ostacolo nella visione del film è la sua lunghezza, stiamo parlando di poco più di due ore oltre al fatto che spesso il tono risulta predicatorio e quelle poche volte che esagera è legato ad esplosioni di rabbia o confronti che si chiudono con parolacce e nulla di costruttivo.
Altro aspetto non indifferente è il suo terzo atto dove il film non porta più avanti i suoi personaggi con le varie sfumature di grigio ma decide di puntare sul sentimentalismo sfociando nello stucchevole e una risoluzione di tutte le trame in maniera troppo irrealistiche.
Andrea Arcuri