Intervista a Federica Baraldi e al suo avatar: “Faith Kiddo mi ha salvato la vita”

26 Mag, 2022

“Un mese prima di trasferirmi a Milano ho avuto una brutta esperienza di violenza e una volta caduta per terra una voce interna mi ha spinto ad urlare, quella voce era la Kiddo”. È maggio e a Milano fa caldo come fosse luglio, un clima afoso che toglie il fiato come le parole dell’artista che intercetto per il pubblico di GST.

Lei è Federica Baraldi, mantovana classe 1990 e voglia di avere successo nel mondo della musica tanto da lasciare spazio al suo alter ego Faith Kiddo: “Kiddo è la mia rinascita dopo il drammatico episodio; mi sono creata un nuovo cognome per poter ricominciare da capo e dar vita a una nuova me. Faith vuol dire fede e mi piace giocare sull’ambiguità: da una parte l’abbreviazione del mio nome di battesimo dall’altra l’avere fede, in qualcuno o qualcosa è interpretabile”, ha dichiarato Federica.

Faith Kiddo è la parte grintosa di Federica, quella sfacciata coraggiosa che non molla mai e che la porta a credere in se stessa e a lasciare le proprie origini per dedicarsi alla musica: “La passione per la musica è nata fin da piccola, i miei genitori ascoltavano tanti artisti e mio padre suonava la batteria e la chitarra. La svolta ci fu quando Laura Pausini cantò “La solitudine” e anch’io rimasta affascinata volevo riprodurre fedelmente la stessa performance”.

Federica inizia a studiare musica giovanissima grazie anche all’influenza di un cugino della madre noto e stimato pianista classico. Dopo l’impatto poco positivo con gli strumenti musicali, all’età di sedici anni Federica si dedica allo studio del canto e concluso il liceo si ferma un anno a lavorare e riflette seriamente sul suo futuro: “Non desideravo iscrivermi all’università, ma nella vita volevo fare la cantante e grazie anche all’apertura mentale dei miei genitori, mi sono trasferita a Milano dove ho ottenuto il diploma (Bachelor of Music al CPM Music Institute, n.d.a.)”, ha detto la cantante a GST.

La musica dell’artista mantovana è del genere pop, un pop soprattutto elettronico e la sua massima fonte d’ispirazione è Madonna, con uno sguardo di complicità pure verso Lady Gaga, Christina Aguilera e Britney Spears: “Sono figlia di MTV e sono cresciuta con la musica pop, ma anche se non si sente l’amore della mia vita sono i Linkin Park e il mio passato ha le sue radici nel punk-rock”, ammette Federica.

Gli anni recenti, invece, presentano una Kiddo totalmente calata nelle sonorità della dance anni ’80 e ’90 e l’esordio è datato agosto 2020 con il singolo Plastic. Seguono Vipera nel novembre dello stesso anno, l’unico brano cantato in italiano che rivive le deliranti atmosfere dei maltrattamenti subiti in passato, infatti il pezzo è una dedica alla giornata internazionale contro la violenza sulle donne; Dupes del febbraio 2021 e My Friend a giugno 2021.

Se Federica è la parte più razionale, più calma e riflessiva, è grazie all’energia e alla grinta di Faith Kiddo che si realizza il progetto Venom With Glitter, un EP uscito il 29 aprile, anticipato dal singolo New Skin il giorno uno dello stesso mese: “Mi serviva rinfrescare quello che è la visione che ho della mia bambola, ossia Faith Kiddo che è una bambola appunto. Con questo EP il desiderio è mostrare diverse personalità della bambola partendo da testi incazzati dove mi concedo la libertà di sfogarmi, perché quello che voglio fare è conquistare il mondo”.

Che la bambola Kiddo sia ribelle ed aggressiva lo si rileva dal testo di New Skin, il primo singolo estratto da Venom with Glitter: “È un brano dedicato all’apparenza, perché nel mondo attuale conta cosa mostri e come gli altri ti percepiscono. I social sono molto utili, ma quanto ci condizionano la vita?” domanda Kiddo. E ancora: “Andrebbero usati con più raziocinio e secondo me non siamo lontani da questa via, c’è più consapevolezza. E attenzione i social non devono snaturare chi li usa, vogliamo mostrare la felicità ok, ma che sia il più possibile reale e non artificiosa”.

Grazie Federica e grazie Kiddo, complimenti e a presto, vogliamo vedervi sul palco.

 

Davide Debernardi per Globalstorytelling