“Banksy – L’arte della ribellione” – Recensione in Anteprima.
Al cinema solo il 26, 27 e 28 Ottobre
Il documentario percorre le tappe della carriera del famoso street artist. Logicamente, non era negli intenti del regista rivelarne l’identità. Il docu-film vuole invece, attraverso testimonianze dirette ed indirette, raccontare come si è evoluta la poetica di questo personaggio fenomenale.
E per rendere questa narrazione ancora più coinvolgente, per capire quanto il nome di Banksy sia assolutamente enigmatico, il regista è partito dai tempi recenti, riportando l’attenzione dello spettatore ad un’asta di qualche anno fa, quando, al momento di consegnare ad un acquirente il famoso “La ragazza con il palloncino”, uno strano meccanismo all’interno della cornice ha reso inservibile l’opera tagliando la tela a striscioline.
Chi è Banksy? E’ un writer solitario o agisce come collettivo? Sulla sua biografia domina e dominerà sempre il mistero.
Si parte da Bristol, città inglese che negli anni ottanta/novanta ha vissuto momenti di forte crisi economica. La conseguenza è stata un aumento della disoccupazione, che ha colpito soprattutto i quartieri periferici. Il film parte da qui, mettendo in luce come anche questo centro urbano sia stato culla del fenomeno del graffitismo, visto prima di tutto come simbolo di contestazione e di ribellione a una società sempre più repressiva.
In questa realtà, lo stesso Banksy si cimenta con le bombolette spray, ma fin da subito si accorge che se la ‘street art’ è la sua dimensione, non lo è l’esprimersi attraverso una vernice spruzzata su un muro. Influenzato dal writer 3D (Robert Del Naja, futuro leader del gruppo musicale Massive Attack, ndr), si evolve grazie alla tecnica dello stencil, utilizzando quindi stampini e mascherine per delimitare le aree della verniciatura.
Successivamente, Banksy si rende protagonista di singolari sabotaggi, appendendo indisturbato nelle sale di importanti musei, piccole riproduzioni di quadri famosi, riveduti e corretti secondo il suo punto di vista, in modo da creare un violento corto circuito artistico.
In tempi più vicini a noi, il suo modo di comunicare si è affinato diventando più essenziale ed immediato. Poche immagini, uno scenario scarno, un’azione esplicita determinano un messaggio di protesta inesorabile e di impatto sul pubblico.
Banksy, ovviamente, non è solo questo.
Banksy è nel lessico delle sue immagini, non solo in queste parole che ho scritto. Per cui, per avere una visione più completa dell’enigma-Banksy e del suo universo, è quasi d’obbligo andare a vedere questo documentario.
Enrico Redaelli