“Balto e Togo – La Leggenda”. Recensione in Anteprima. Al cinema dal 3 Settembre 2020

27 Ago, 2020

Togo e Balto sono i siberian husky dell’addestratore Leonhard Seppala diventato famoso dopo lo scoppio dell’epidemia di difterite che nel 1925 colpì la città di Nome. Seppala e altri musher cioè conducenti di una muta di cani da slitta si offrirono volontari per affrontare la tempesta e con i loro cani raggiunsero Nenana, dove era custodito il potente siero. Una corsa incredibile che ha messo a dura prova tutti quanti e che ha spinto uomini e animali al di là dei propri limiti.
Abbiamo già vissuto l’incredibile vicenda di quella che viene battezzata come “la corsa del siero”. Se nella pellicola prodotta da Steven Spielberg vedevamo la storia dal punto di vista di Balto e più recentemente è uscito un film su quella di Togo, in quest’ultima versione il protagonista assoluto risulta Leonhard Seppala interpretato da Brian Presley qui nelle vesti anche di regista. La forza del cinema è anche quella di raccontare storie cosi importanti da diversi punti di vista, inoltre quando viene rappresentata una sfida per la sopravvivenza cosi imponente allora ogni versione è lecita per divulgare tale storia in modo da toccare diverse generazioni e un pubblico sempre maggiore.
Certo bisogna anche saperle raccontare certe storie e non dev’essere una mera trasposizione dei fatti in maniera anonima. Quest’ultima versione non è certo un film perfetto ma abbastanza interessante e teso lungo il percorso da tenere alta l’attenzione e aggiungere qualcosa a quello che già conosciamo. Non punta ad essere un film per famiglie come il cartone animato del 1995 e non risulta neanche tanto costruito per suscitare forti emozioni come la versione uscita di recente, piuttosto cerca di mettere al centro della storia quel gruppo di esseri umani che hanno reso possibile tutto questo sia inteso come squadra e unione di vari punti di vista sia nelle gesta eroiche di Leonhard Seppala.
Il problema piuttosto rimane nel fatto che gli manca quel piglio emotivo che fa davvero emozionare fino alle lacrime e i personaggi messi in scena risultano a volte troppo monodimensionali. Il film  non sbaglia nulla nella messa in scena e l’attenzione dello spettatore viene tenuta bene nonostante il progredire della storia e il finale siano noti e le corse dei siberian husky risultano avvincenti e ben girate ma lascia poco il segno a livello emotivo e non ci affezioniamo davvero a questi personaggi come dovremmo. Altra nota dolente è il fatto che i cani, componente importantissima della storia rimangono troppo in secondo piano e li vediamo raramente fino a risultare mere comparse sullo sfondo. Forse le gesta di Balto e Togo meritavano maggior attenzione.
Tutto sommato e sorvolando su pregi e difetti bisogna precisare che il film di Brian Presley mantiene le sue promesse cioè raccontare una storia conosciuta ai molti ma da un punto di vista diverso e forse poco conosciuto e questo basta per giustificare la sua messa in scena e andarlo a vedere.

Andrea Arcuri